giovedì 23 maggio 2013

NUOVO SITO SPC

La Società di Psicoanalisi Critica ha un nuovo sito.
Per rimanere aggiornati sulle attività e il dibattito della Società, vai su:

http://www.societadipsicoanalisicritica.it/


martedì 19 febbraio 2013

PAROLE CHIAVE

PAROLE CHIAVE
di Franco Romanò


 “Negli ultimi venti anni, i cambiamenti linguistici e l'introduzione di nuove parole in sostituzione di altre sono stati molto vistosi. Analizzando alcune parole chiave e alcune espressioni entrate nel lessico comune è possibile intravedere, sullo sfondo dei mutamenti, il formarsi di un diverso senso comune.”

Conduce il dibattito
Lorenzo D’Angelo


Sabato 16 marzo 2013 - ore 9,30/13,00
ingresso libero

Associa zione Cultur ale P unto R osso
Via Guglielmo Pepe, 14 - Milano (MM2 - Garibaldi)

Per informazioni:
http://psicanalisicritica.blogspot.com
psicanalisi.critica@gmail.com
Piera Manganini 3396089804
Marina Ricci 3480711693



venerdì 21 dicembre 2012

Prestare attenzione all'attenzione

Prestare attenzione all’attenzione. Verso una farmacologia del web
di Paolo Vignola


«Di solito mi risultava facile immergermi in
un libro o in un lungo articolo. La mia mente
si lasciava catturare dal racconto o dalla
complessità di un ragionamento e trascorrevo
ore nei meandri di un testo anche
molto lungo. Oggi la mia concentrazione
comincia a scemare dopo una o due pagine.
Divento irrequieto, perdo il filo, comincio
a cercare qualcos'altro da fare». Con
queste parole Nicholas Carr ha espresso, in
soggettiva, uno dei problemi più diffusi del
presente, ossia i disturbi dell'attenzione
provocati dal web e dalle tecnologie digitali.
Lungi da poter essere liquidata come una
questione di ordine clinico e individuale, la
perdita di attenzione, oggi più che mai,
diviene il sintomo attraverso il quale indagare
le trasformazioni della nostra società,
senza esagerati allarmismi o, al contrario,
rimozioni del problema. Sono solo necessarie
analisi molto attente.

Conduce il dibattito
Marina Ricci





Sabato 26 gennaio 2013 - ore 9,30/13,00
ingresso libero
Associazione Culturale Punto Rosso
Via Guglielmo Pepe, 14 - Milano (MM2 - Garibaldi)


venerdì 12 ottobre 2012

Psicologia, pubblicità e guerra


Psicologia, pubblicità e guerra

di Aldo Giannuli



Se è vero che in Freud non ritroviamo un uso della psicoanalisi e della psicologia teso al controllo ed al condizionamento, non è meno vero che se ne è fatto spesso un uso che spaziava dallo sfruttamento pubblicitario, al condizionamento ideologico per finire all'uso bellico.
In un lavoro di uno psicologo della pubblicità americano pubblicato nei primi anni sessanta e presentato da uno dei grandi professori di psicologia del tempo si può leggere "Lo studio della psicologia implica raccolta, valutazione, classificazione e controllo di tutta una massa di notizie riguardanti la vita psichica degli uomini. L'applicazione di questa grande quantità di notizia si rivelerà di grande valore pratico per coloro il cui lavoro è interessato al benessere del pubblico e all'efficienza e all'efficiente funzionamento delle organizzazioni economiche e sociali".
Conduce il dibattito
Guido Bozzini

Sabato 10 novembre 2012 - ore 9,30/13,00
ingresso libero

Associazione Culturale Punto Rosso
Via Guglielmo Pepe, 14 - Milano (MM2 - Garibaldi



venerdì 5 ottobre 2012

A seguito dell'incontro del 22 settembre 2012 tra l'Associazione Lapsus e la Società di Psicoanalisi Critica si è deciso di organizzare un ulteriore momento di confronto aperto a chiunque desideri confrontarsi con le tematiche di questo dibattito 
(vedi post del 11 settembre 2012 - Psicologia e politica oggi). 
Per stimolare una riflessione comune pubblichiamo di seguito una sintesi dell'intervento di Franco Romanò. Nelle prossime settimane comunicheremo la data del prossimo incontro a cui speriamo aderiranno numerosi tutti gli interessati.
 

 


L'IMPATTO DEL MOVIMENTO FEMMINISTA SULLA PRATICA POLITICA
E IL SUO LINGUAGGIO

di Franco Romanò


Premessa
Se pensiamo ai movimenti nati alla fine degli anni '60 in tutto il mondo occidentale e ancor più agli sviluppi successivi durante tutto il decennio '70, è facile che vengano alla mente certi slogan emblematici. Alcuni di essi riprendevano, attualizzandoli, questioni basilari della teoria marxista (per esempio Lo stato borghese si abbatte e non si cambia), altri avevano debiti più complessi con lo stesso marxismo (nel senso che ne riprendevano elaborazioni provenienti dalle correnti più eterodosse), oppure si avvalevano di apporti culturali più vasti; altri ancora, suonavano del tutto originali e nuovi. Ne ricordo due, anche se poi mi occuperò di uno soltanto di essi: la non neutralità della scienza e il personale è politico.
In entrambi i casi, ci troviamo di fronte all'irruzione di tematiche nuove, rispetto a quelle da sempre oggetto dell’azione politica. La scoperta che la scienza non è neutrale neppure nelle sue procedure apparentemente più deterministiche appartiene fin dalle origini ai movimenti nati intorno al 1968, mentre lo slogan il personale è politico nasce insieme a un movimento completamente nuovo; quello femminista. Dico nuovo perché, nonostante tutti i riferimenti storici che si vogliono ricordare e che risalgono fino alla Rivoluzione Francese e al tentativo, stroncato con le ghigliottine, di affiancare alla dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo una dichiarazione universale dei diritti delle donne, rimane il fatto che i movimenti femministi occidentali degli anni 60-70, nascono all'insegna di una triplice rottura con le tradizioni precedenti dei movimenti di liberazione.
La prima è proprio con il movimento di emancipazione femminile a cavallo dei secoli diciannovesimo e ventesimo. La seconda rottura è con la teoria marxista intorno a due questioni fondamentali: il rapporto fra struttura e sovrastruttura e ancor più la priorità dell'oppressione di genere sull’oppressione di classe e quindi la denuncia del patriarcato come struttura di lunga durata che copre diverse società classiste.
Lo slogan Il personale è politico, tuttavia, mette in circolo anche un'idea ancor più complessa ed estesa di politica, che si pone come una novità in senso quasi assoluto, non perché nasca dal nulla, ma perché la metabolizzazione o se volete il distillato di apporti diversi provenienti sia dalla cultura psicanalitica, sia dall'antropologia, sia dallo stesso marxismo, vengono poi fusi e mescolati in un modo tale che il risultato è nuovo e originale, anche perché chi se ne fece promotore era un soggetto politico determinato e non semplicemente un movimento di opinione .

IL PERSONALE È POLITICO
Quale impatto ha avuto nel tempo l'insorgenza del movimento femminista sulla politica e il suo linguaggio? Anticipo le conclusioni, venendo del tutto meno alla regole della suspense: l'impatto è stato scarso o quasi, con diversità ambientali (anche notevoli), fra i paesi occidentali; ma se prendiamo come paradigma di riferimento ciò che i movimenti femministi, pur nella loro diversità, ponevano come istanze fondamentali del movimento (la liberazione e non della semplice emancipazione), cui se ne affiancava una seconda e cioè la necessità di modificare i paradigmi dell'azione politica, intaccando quelle che sono le strutture della lunga durata, il nesso produzione-riproduzione, bisogna dire che i femminismi (uso il plurale tenendo conto delle diversità talvolta grandi esistenti), sembrano sconfitti. Tralascio per il momento di considerare tutta una serie di diritti reali che le donne hanno conquistato perché vorrei rapportarmi ai punti alti del femminismo, alle sue istanze più forti e misurare l'impatto avuto sulla vita sociale e politica rispetto ai quei punti alti, non genericamente rispetto al fatto che le donne godono di maggiore libertà sociale rispetto a decenni fa.
Ho usato un termine forte e un po' provocatorio come sconfitta politica del femminismo per dire subito dopo che il giudizio diventa più problematico se lo proiettiamo nel tempo più lungo della storia e non semplicemente in quello ristretto dell’azione politica che lavora su tempi brevi. Ancor più se teniamo conto che, invece, il femminismo ha largamente inciso, come altri movimenti di quegli anni, sul costume e su tutta una serie di aspetti che riguardano la sovrastruttura, la cultura materiale e il senso comune. Vorrei tornare, però, anche sul termine sconfitta e cercherò di chiarire meglio entro quali limiti la intendo, servendomi di un’analogia.
Quando il mio insegnante di storia mi riassumeva quanto accaduto in Europa dalla Rivoluzione Francese fino al congresso di Vienna, concludeva la sua panoramica dicendo che il 1815 sanciva la vittoria della restaurazione europea o addirittura della reazione sulle istanze rivoluzionarie: in sostanza un ritorno all'ancien règime. Subito dopo, tuttavia, era costretto a precisare meglio, che le istanze rivoluzionarie  avrebbero portato si risorgimenti europei e non solo a quello italiano, ma ancor più avrebbero minato alla radice gli imperi centrali e quello zarista stesso, che sarebbe crollato meno di cento anni dopo. Allora, non era così vero che il congresso di Vienna aveva sancito un ritorno al passato tout court, la questione era assai più complessa e lo è altrettanto se consideriamo il movimento femminista.   
Prima considerazione: i modelli patriarcali sono in crisi in tutto il mondo, ancor più laddove sembrano dominare: ritengo in fatti che la repressione feroce e violenta dei movimenti talebani contro i diritti delle donne, sia un segno di profonda debolezza e non di forza, sebbene abbia delle conseguenze gravissime per le vittime che subiscono la repressione. Non a caso la repressione è più cruda e violenta in Afghanistan e Algeria dove le donne erano state protagoniste di primo piano, vuoi nella lotta di liberazione nazionale  (Algeria), vuoi per avere goduto nel decennio e più di governi comunisti di diritti civili ben più ampi che in qualsiasi altro paese musulmano. Basterebbe questa semplice constatazione per limitare la portata del termine sconfitta da me usato, ma c’è dell’altro.  Basta aprire il computer e girare un po’ in rete e la quantità di dibattiti, tavole rotonde che hanno come argomento centrale il padre e la sua scomparsa come figura sociale forte, si contano a decine.
A un modello in crisi, però, non ne segue un altro in grado di normare in modo il rapporto fra la sfera domestico-personale-famigliare e la regola sociale. Eviterò di usare il termine transizione, a questo punto, perché ormai si tratta di una parola buona per tutti gli usi e nulla dicente di sostanziale. Se mai, quello che appare visibile in superficie, è la compresenza di comportamenti sociali e individuali che oscillano fra la nostalgia di regole certe e conosciute, la paura del nuovo, il tentativo di fondarne altre: una situazione di apparente caos sociale, rispetto alla quale ci sono diversi tipi di risposta istituzionale e non.
A un primo livello di sintesi, si potrebbe dire che i movimenti femministi, come tutti gli altri nati nel corso degli anni ’60-70, hanno influito in modo significativo sulla cultura e il costume, ma non hanno saputo aggredire i rapporti sociali di produzione e riproduzione. I motivi di questa scissione sono molti e complessi e andranno visti in un contesto più ampio: quello della globalizzazione finanziaria.  

martedì 11 settembre 2012

Psicologia e politica oggi



Associazione Lapsus (Laboratorio di analisi storica del mondo contemporaneo)
e
Società Psicoanalisi Critica

Sabato 22 settembre 2012
Circolo Culturale Concetto Marchesi
Via Spallanzani 6, Milano
ore 9.30-12


Seminario su:

Psicologia e politica oggi

         Riflettere oggi su che cosa può, della psicoanalisi, aiutare per comprendere meglio la politica, rimanda a due concetti, l'uno di Marx e l'altro di Freud. Che ne è della politica quando non è più il plusvalore la base della modalità di arricchimento, ma il general intellect? E che cosa può significare la riflessione di Freud sul governare (così come psicoanalizzare ed educare) come compito impossibile? La politica è ancora un ragionamento sulla polis? L'asprezza del dubbio ed il desiderio di comprendere appaiono stili assai desueti, mentre la certezza dei concetti e la chiarezza nella loro applicazione diviene la cifra della modernità postpolitica. Tolstoj ci aveva mostrato nella figura di Aleksèj Aleksandrovic Karenin una figura di paranoico che godeva, nell'amministrazione della Russia zarista, così avulsa dalla realtà, fama di eccellente politico: patologia individuale e della comunità si intrecciano qui in un nodo assai stretto. Al suicidio della moglie, come si sa, seguì, nell'arco di poco più di quaranta anni, la fine di un modo di fare politica e del mondo che in quello si esprimeva.
  
Intervengono:

Adriano Voltolin, Presidente della Società di Psicoanalisi Critica
 “Politica e patologia di gruppo”

Franco Romanò, Vicepresidente della Società di Psicoanalisi Critica
 “L’impatto del movimento femminista sui linguaggi della politica”

Aldo Giannuli, Docente di Storia Contemporanea presso l’Università Statale di Milano
“Psicoanalisi e movimenti"

domenica 29 aprile 2012

Keynes: fra economia e psicoanalisi

Giorgio Lunghini
Keynes: Fra economia e psicoanalisi

Conduce il dibattito Adriano Voltolin


sabato 19 maggio 2012 - ore 9.30
presso Associazione Culturale Punto Rosso
via G. Pepe, 14 - Milano
MM2 Garibaldi

ingresso libero




Secondo Keynes si può amare il denaro per godere
dei piaceri della vita oppure per la sicurezza che
viene dal possederlo.
In questo secondo caso è una passione morbosa
che rinuncia sistematicamente al godimento immediato
a beneficio di un investimento rassicurante per
il futuro. Tale prospettiva si apre alle spiegazioni elaborate
da Freud per la coazione a ripetere, ma anche
alle tesi di Marx circa l’instabilità del sistema capitalistico.
La stessa dicotomia infatti - preferenza per la liquidità
oppure aspettativa di rendimenti futuri di beni capitali -
si manifesta nelle strategie monetarie, la moneta
essendo lo strumento che collega il presente al futuro.
Poiché tutte le decisioni sul futuro sono prese sulla
base di conoscenze incerte, la loro affidabilità non
viene da alcun sistema scientifico - compreso il calcolo
delle probabilità - ma da una intesa fra i soggetti
della comunità, tale per cui i mutamenti delle opinioni
circa il futuro influenzano la situazione presente.
Quando tale intesa è molto indebolita e l’incertezza e
l’instabilità raggiungono livelli particolarmente alti, il
possesso della moneta culla la nostra inquietudine.